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Le vicende architettoniche di Corfù e, in generale, delle isole
del Levante nel Cinquecento costituiscono un momento centrale nel vivace
dibattito che si svolse all'interno dei domini da terra e da mar della Repubblica intorno alla definizione della struttura
difensiva, anticipando l'analoga discussione che coinvolgerà pure
Candia
.
Significativo è il dibattito che si apre nel 1537 in seguito alla
decisione presa dal Senato della Repubblica di fare di
Corfù "la più galiarda fortezza che ai tempi rechiedono". Nei
suoi Discorsi militari il capitano generale delle fanterie Francesco Maria della Rovere ci mostra il contrasto che opponeva la massima
carica militare agli ingegneri (e quindi probabilmente al più importante
di essi Michele Sanmicheli). Nonostante la "necessità del tempo che
stringeva e toglieva la libertà del deliberare" il trattato vuole
dimostrare alcuni assunti fondamentali: la superiorità di chi possiede i
principi dell'arte militare sui tecnici, la capacità del Capitano
generale non solo di gerarchizzare e organizzare dipendenti e attività,
ma anche di poter ovviare a ritardi causati da indecisioni dei governanti, di
poter rimediare alla lentezza delle delibere che giungevano dal centro, dalla
capitale, forse anche a causa della distanza che separava Venezia dai domini
marittimi. La questione di Corfù sembra in questo caso sollecitare la
soluzione di diffusi problemi di organizzazione delle istituzioni e di
chiarimento delle sfere di competenza di Capitani generali, di Provveditori
veneziani, di tecnici e delle stesse istituzioni di governo. Così nel
1542 viene istituita la magistratura dei Provveditori sopra fortezze e un
decreto del Senato del 1550 cercherà di ordinare
la rete dei rapporti tra uomini d'arme e rappresentanti politici della
Serenissima , istituendo inoltre un archivio dei progetti elaborati dai
Provveditori sopra fortezze.
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