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All'opera di costruzione e di rinnovamento dell'Arsenale presero parte i
personaggi più prestigiosi della vita politica e culturale veneziana,
futuri Procuratori di S. Marco e Dogi : Caterino e Nicolò
Zen, Vettor Grimani, Marc'Antonio Barbaro, Giacomo Contarini, Sebastiano
Venier, Pasquale Cicogna, Leonardo Donà, Giacomo Foscarini. È probabile
che la presenza di uomini di tale levatura abbia favorito il dibattito sulla
funzione pratica e simbolica dell'Arsenale "Cuore dello stato Veneto" come lo
definiva il Senato in una legge del 1520. Nel corso del Cinquecento l'Arsenale diviene
il luogo di una appassionata discussione intorno alla natura dei valori
veneziani in un periodo di grandi travagli. Le attività edificatorie,
secondo gli intellettuali che con più partecipazione presero parte alla
discussione, devono essere caratterizzate da sobrietà ed
essenzialità: una propensione ideologica che sembra intrisa di nostalgia
per un'età dell'oro perduta, per la grandezza delle origini delle
civiltà veneziana. Daniele Zen, uno dei principali autori dell'alacre
attività di risanamento dell'Arsenale, scriverà nel 1557 parole
assai aspre nei confronti dei contemporanei: "la voluttà si volge o nel
dissoluto vivere o nella vanagloria del vestire, o nello sfrenato desiderio
dell'acquistare, o nella superbia e grandezza delle fabriche", quando invece
gli avi avevano stabilito per legge "più per aguaglianza et
similitudine, per non soprafarsi l'un l'altro ... che tutte le habitationi
fossero pari, simili, d'una medesima grandezza et ornato". Questa è la
stessa vocazione ideologica che ricorre nelle opere di
Baldissera Drachio, il più originale dei tecnici che servirono il patriziato nel mantenimento
dell'Arsenale.
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